Le innovazioni e i conseguenti vantaggi che le aziende hanno potuto assimilare e sfruttare grazie alla cosiddetta “quarta rivoluzione” sono sotto gli occhi di tutti, e l’impressione è che con il passare degli anni ci sarà un perfezionamento sempre maggiore. Già ora i marchi che hanno “accolto” l’industria 4.0 riscontrano un livello qualitativo nettamente superiore del loro processo di produzione, grazie all’eliminazione delle criticità, e alla raccolta ed elaborazione dei Big Data che consentono di tenere sotto controllo ogni passaggio della catena e gli andamenti sempre “schizofrenici” del mercato.
Anche in Italia, l’industria 4.0 sta prendendo piede e sono sempre di più le industrie che scelgono di accettare le sfide imposte da questo approccio, che consente di migliorare ogni aspetto dell’azienda manifatturiera, garantendo al consumer finale un prodotto di altissima qualità. In tal senso, il Piano Industria 4.0 – poi evoluto in Impresa 4.0 – è stato accolto con una certa soddisfazione, in quanto gli obiettivi di operare in una logica di neutralità tecnologica, intervenire con azioni orizzontali e non verticali o settoriali e agire su fattori abilitanti rientravano esattamente tra le esigenze manifestate dal settore industriale.
Per questo, quando il ministro del Lavoro, Luigi Di Maio, aveva annunciato che le misure di industria 4.0 sarebbero state confermate anche per il 2019, le sue parole sono state salutate con un sospiro di sollievo, dato che le voci su probabili “tagli” si erano fatte piuttosto insistenti, tanto che imprese e sindacati si erano già esposti per chiedere assoluta continuità e magari alcune innovazioni di rilievo: tra queste, l’introduzione del temporary digital manager per aiutare le imprese a interpretare correttamente il paradigma di Industria 4.0, la continuità degli incentivi, magari rimodulando l’iperammortamento, l’importanza di non abbandonare la formazione 4.0. Anche da parte di molti esperti del settore era arrivato il monito nei confronti dell’esecutivo guidato dal premier Conte, affinchè si procedesse sulla strada della continuità e degli incentivi agli investimenti, specialmente per le piccole imprese.
Tuttavia le scelte operate dal governo non sembrano piacere troppo agli imprenditori, ed in particolar modo a Confindustria, che sottolinea invece un depotenziamento di misure come gli incentivi e il superammortamento, il quale scenderebbe del 30%. In questo modo le piccole e medie imprese andrebbero in grossa difficoltà e non potrebbero godere dei vantaggi proposti dalla quarta rivoluzione industriale. Dando uno sguardo complessivo al Documento programmatico di bilancio inviato alla Commissione Europea, si evince come rispetto al 2017 sia in programma un taglio piuttosto cospicuo dei finanziamenti: si parla di circa la metà delle risorse precedentemente impiegate per l’industria 4.0.
Oltre alle molte critiche sul piano degli investimenti, il Governo avrebbe fortemente deluso le aspettative anche su un altro aspetto molto importante che riguarda l’industria 4.0: stiamo parlando del sostegno alla formazione, che era stato introdotto in maniera sperimentale nel 2018. Le industrie avevano battuto molto su questo tasto, in quanto l’assenza di competenze e di skill che fanno riferimento all’industria 4.0 risultava deleteria per l’intero settore industriale, che non poteva pianificare a dovere gli investimenti. Contrariamente a quanto ci si poteva aspettare, la bozza della nuova versione di Impresa 4.0 non prevede più il credito d’imposta per formare le competenze digitali.
L’esecutivo ha voluto comunque preservare l’aspetto umano dall’avanzata inesorabile della quarta rivoluzione industriale. Al posto del credito di imposta a cui facevamo riferimento poco sopra, infatti, nella manovra viene inserito un voucher per l’assunzione di temporary manager per l’innovazione. In sostanza saranno queste figure ad aiutare le PMI, ovvero le piccole e medie imprese, ad orientarsi nel processo di innovazione.
Tuttavia, ci sono anche delle voci favorevoli alle iniziative del governo, e c’è chi sottolinea che il Piano deve promuovere l’innovazione, ma poi serve anche che le aziende si dotino di una visione strutturale e di un’organizzazione capillare. Insomma, governo e aziende devono fare gioco di squadra. D’altronde, con l’introduzione sempre più costante di nuovi strumenti digitali non bastano più i semplici aggiornamenti tecnologici, ma è opportuno dotarsi di processi organizzativi all’altezza, rapidi e pienamente efficienti.