Nel mondo dell’industria ha già preso piede una nuova era o, se preferite, una rivoluzione. Gli esperti del settore hanno già provveduto
ad affibbiargli un nome in codice decisamente calzante: Industria 4.0, dato che viene (giustamente) ritenuta la quarta rivoluzione industriale. Nel concreto, questa raffica innovativa porterà degli stravolgimenti piuttosto tangibili, a cominciare dalla progressiva diminuzione (per non dire sparizione) di molti lavori manuali, sostituiti da un’informatizzazione e una tecnologia che corrono sempre più al passo con i tempi.
Una rivoluzione, come detto, che risulterà evidente anche nel quotidiano. Saranno molte le mansioni che non dovremo più svolgere, come guidare un auto o pulire la casa: al posto nostro ci penserà un robot, o qualche automatismo simile. Con gli inevitabili cambiamenti che interesseranno il mercato del lavoro, sono allo studio i requisiti necessari per i nuovi impieghi che si verranno a creare. Perchè se da una parte, con l’industria 4.0, si perderanno diversi milioni di posti di lavoro, dall’altra ne sorgeranno di nuovi in alcune aree specifiche, come il management, l’informatica e il settore finanziario.
Tuttavia, per ricoprire al meglio questi ruoli, c’è bisogno di una preparazione di ottimo livello. Serviranno specifiche competenze digitali, in particolare la capacità di raccogliere dati sul consumatore (big data) per poi analizzarli e rendere di conseguenza più efficiente il lavoro complessivo all’interno dell’azienda: una caratteristica che riguarda soprattutto il settore manifatturiero. Tuttavia, oltre a ciò, sarà necessario anche possedere le nuove “soft skills”, ovvero la capacità di sapersi destreggiare sul piano della creatività, senza perdere di vista il “problem solving”.
Ultimamente anche l’Italia si è messa in moto per cercare di cogliere tutti i vantaggi derivati dall’avvento dell’industria 4.0. D’altronde, il nostro Paese è al secondo posto in Europa nel settore manifatturiero; tuttavia, nonostante qualche situazione di ‘eccellenza’, il nostro sistema di piccole e medie imprese è generalmente indietro e difficilmente potrà essere investito della rivoluzione in tempi brevi. Servirebbero fondi (che non ci sono), ma a fare la differenza sarebbe anche una politica più mirata, che cominci fin dai primi rami della formazione, e un maggiore investimento nei confronti delle donne, che possono rappresentare la chiave di volta per far decollare l’industria 4.0.
I ruoli più innovativi all’interno delle strutture informatiche sono quasi sempre occupati da uomini. Una recente ricerca ha stabilito che tra i Big Data Engineer c’è solo una donna ogni quattro uomini, ancora meno tra i Data Protection e praticamente nessuna tra i Data Scientist. La conoscenza della materia è ignota nella maggior parte delle studentesse, fatta eccezione per l’Intelligenza Artificiale. Per far sì che in futuro si inverta la rotta ci vuole un cambiamento concreto a partire dalle scuole e dalle università, per far sì che i giovani, e specialmente le donne, possano dotarsi delle competenze adeguate e successivamente messi in condizione di valorizzarle.
Al momento, come detto, siamo indietro. In un documento presentato da Carlo Calenda, ministro del passato governo Gentiloni, si individuavano molte aree di intervento per favorire lo sviluppo dell’industria 4.0, ma si dimenticavano completamente le imprese femminili. Eppure, per queste nuove sfide, l’aumento del lavoro delle donne appare imprescindibile. Le cosiddette “soft skill” accennate in precedenza vedono le donne “leader” rispetto agli uomini: basti pensare alla capacità di lavorare in multitasking, unendo alle doti digitali anche quel pizzico di fantasia e ‘genio’ fondamentali per il “problem solving”. Le donne sono ‘risolutrici’ per natura: la loro straordinaria capacità di saper conciliare la vita lavoravita con quella domestica, facendo fronte a tutta una serie di problemi quotidiani e riuscendo sempre a trovare soluzioni diverse e “nuove”, rappresenta una prova lampante di come la quarta rivoluzione non possa farne a meno in alcun modo.
Anche perchè, va sottolineato, attualmente la domanda e l’offerta non viaggiano di pari passo: un progetto che guardi alla formazione delle donne non può fare altro che riequilibrare il “mismatch” e dare la spinta giusta al ‘decollo’ dell’industria 4.0, che rappresenta a tutti gli effetti una grande opportunità per l’intero universo femminile.